Qualche anno fa mi passò sotto mano un volume originale del libro de “Le 100 cascate di ghiaccio” del mitico Grassi. Fu allora che lessi di questa salita sulla parete nord della Grande Hoche, una montagna del massiccio ‘calcareo’ che separa il Colle del Monginevro da Bardonecchia, la terra dei miei nonni. Non fu la difficoltá della via ad attirare la mia attenzione, ma il flash che mi provocò: mi vidi tornare indietro negli anni, quando da piccolo il nonno mi portava a camminare la sotto, in quei magnifici boschi di larici, dai sottoboschi profumati e morbidi. Mi raccontava della ‘temuta’ ferrata degli alpini alla Charrá, e mi indicava li accanto le cime della Guglia d’Arbour e della Grande Hoche, costituite da un costone di roccia grigia, altissimo agli occhi di un nano, impossibile. Ben oltre la mia visione. Un bambino non vede che una parete inospitale, un muro. Quindi quando Grassi mi aprí gli occhi su quella via che superava il muro, vidi la possibilitá di confermare la crescita della mia personale visione alpinistica. Salirla sarebbe significato sconfiggere il drago che da piccolo vedevo alla guardia del forte!
Veniamo alla via! Mi metto d’accordo con Andre per salire il giorno prima a casa dei miei nonni appunto, a Les Arnauds, in modo da risparmiarci un po’ di macchina di prima mattina l’indomani. È la prima salita che facciamo insieme, ma in realtà ci comportiamo come si scalassimo insieme da una vita. Ci siamo conosciuti in Sardegna in falesia, per una accoppiata di coincidenze: lui è il moroso di Tania, la rifugista del Rifugio Pontese, in Orco Valley, e lei è grande amica con Paolo, la guida alpina di Alagna con cui lavoro sotto il marchio di AlagnaSkiGuides. Ad Andre devo la salita, perchè oltre ad aver tirato i tiri duri della via, ha scoperto che quest’anno la colata è formata e salibile. Cosa non da poco, visto che il nostro collega Fabio Agnese – alias Attila89 – per ben due volte è tornato a casa con le pive nel sacco per aver trovato solo uno straterello di ghiaccio sottile come carta a costituire la cascata… la magia di questa via! Dal fondovalle puoi sbinocolarla quanto vuoi, ma finchè non ci sei sotto non hai certezze! ...e per esserci sotto ci vanno circa un buon paio d’ore di buon passo! Un paio d’ore Andre!! Non un ora e 40 come mi ci hai fatto mettere tu con il tuo passo! Sono comunque 800 metri di dislivello, con zaino, corda, picche, chiodi, friend… ou, va pian! Arriviamo all’attacco e ci prepariamo. Mi cambio la t-shirt sudata e nel tempo che rimetto la maglia, quella è diventata rigida. Brrrr! Bim bum bam. Si gioca a sorte chi deve aprire le danze. Vince Andre e parte sul primo tiro che si presenta con i primi 10 metri a 70 gradi, con bolle di ghiaccio, tanta roccia ma non molte fessure.
Si protegge qua e là, si muove bene, ma da sotto si capisce che non è rilassato. Sosta.
Parto io e capisco perchè: le picche rimbalzano sulla roccia ad ogni colpo – il gihiaccio è sottile - mentre i frend che ha messo non sono gran che affidabili… engage Andre!
Da li inizia ad aumentare lo spessore del ghiaccio, quindi si va via sempre meglio.
Altri due tiri di morbidezza e goduria! Peccato che appena iniziamo a prenderci gusto, la colata finisce per fare spazio ad un bel canale di neve tortuoso, in una sorta di canyon dolomitico.
Ce la prendiamo comoda, scattiamo foto e ci guardiamo attrono. Siamo molto rilassati, abbaimo capito che la via è molto piu facile di quanto pensassimo e il morale che gia era alle stelle, esplode!
Una barra di roccia sbarra il passaggio. Qui inizia la via di Grassi vera e propria. Essa va a completare la linea iniziata da Luzi e Salino nel 1980, che saliva solo la cascata. Si tratta in realtà solo di un bel tiro, prevalentemente in roccia, che scala un camino.
Poi le difficoltà calano notevolmente e si prosegue su un ripido canale nevoso stretto e incassato, ma in fondo quasi sciabile… fino in cima!
Sbuchiamo dalla piccola cornice sommitale e il sole ci inonda. Siamo sudati fradici per via del ritmo che abbiamo cercato di tenere nel canale… battendo traccia!
Ci svacchiamo al sole su un quadrato di erba che affiora dalla neve e ci rilassiamo un oretta. Si sta come dei re!
Chiudiamo gli zaini, un saluto alla croce di vetta li vicino e giù, ci incamminiamo in un mare di lacrime, crosta non portante e patimenti fino all’auto…
Morale: Via maestosa, ma molto più facile del previsto, nonostante il primo tiro fosse un M4 bello pieno. Compagnia ottima e solitudine assicurata.* Ai tempi di Grassi, che salivano con gli impianti sciistici di Beaulard… era un altra cosa! Farlocchi! La prossima volta scendo in parapendio… *scopro l’indomani, che dopo il mio post instagram e gulliver, ci saranno tre cordate in coda sulla via!! Ahahaha sono un influencer!
Descrizione tecnica della salita sul sito dei colleghi altox cliccando qui.
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